Testimonianze 2014

Prisca appena nata regala le biciclette

Il bellissimo gesto di mamma, papà e Prisca ha contribuito all’acquisto di nuove biciclette per i bimbi del Tibetan Children’s Village di Choglamsar. Nell’attesa delle foto che ci invieranno dal villaggio, lasciamo spazio al sorriso di Prisca, felice tra braccia amorevoli e cuori che sanno donare. Grazie!

Prisca

Prisca

battesimo Prisca avanti biglietto

battesimo Prisca avanti biglietto

una vecchia ma preziosa bici al Tibetan Children's Village di Choglamsar

una vecchia ma preziosa bici al Tibetan Children’s Village di Choglamsar

 

Emma Calore –    la storia della famiglia paterna di Cheme, novembre 2014

Avendo incontrata la famiglia di Cheme diverse volte mi è sorta la curiosità di sapere qualcosa di loro e della loro fuga dal Tibet. Le domande che ponevo a Cheme rimanevano senza risposta, lei non sapeva nulla del suo passato e quindi l’ho invitata a intervistare sua nonna e i membri più anziani della famiglia. In successive interviste abbiamo ricostruito questa testimonianza, di cui lei è, ora, molto orgogliosa, ha scoperto le sue radici, dice.

La famiglia di mio padre viveva nel Tibet orientale in un’area chiamata Rabang, vicino al villaggio di Phurhang dove andavano a comprare ciò di cui avevano bisogno e che non erano in grado di produrre, soprattutto l’orzo e dove vendevano la lana e la pashmina. Erano soliti andare anche in Ladakh per vendere gli stessi prodotti, oltre a burro e formaggio secco; il viaggio di andata e ritorno per il Ladakh durava più o meno 2 mesi.

Il mio bisnonno si chiamava Puntsok, nessuno ricorda il nome di sua moglie, avevano 5 figli (3 maschi e 2 femmine), tra i quali Nyima Namgyal mio nonno. Gli altri bisnonni erano Norbu e Tsepak, hanno avuto 7 figli, tra i quali Tsering Dekyi mia nonna. Erano nomadi e cacciatori, in famiglia c’era un kelong, monaco che ha preso i voti solenni, il fratello di mia nonna. Tutti i membri di questa famiglia sono venuti in India.

la nonna

Per preparare la tsampa dovevano tostare i semi di orzo mettendoli nella sabbia scaldata sul fuoco fino a renderla rovente. Poi setacciavano il tutto per separare la sabbia e l’orzo, alla fine con un macina manuale (randak) fatta con una pietra chiamata rechung producevano la farina.

Le famiglie di mio nonno e mia nonna vivevano nella stessa zona e i due giovani si sposarono quando la nonna rimase incinta. Andarono a vivere in una tenda loro, vicino a quelle dei loro genitori, Il tessuto era fatto da lana nera di yak, tessuto in casa.

La famiglia non aveva una casa, conservavano il cibo per se stessi ed il foraggio per gli animali da utilizzare al campo invernale in alcune grotte.

I miei nonni avevano tanti animali: 5 cavalli, 10 yak e 700 tra capre e pecore. Non avevano nessun campo. Oggi le famiglie sono più piccole quindi per mantenerne una sono abbastanza 1 cavallo, 6 yak e 300/400 tra capre e pecore.

La famiglia era abbastanza agiata e per prendersi cura degli animali potevano pagare alcuni aiutanti che vivono nella stessa tenda come i membri della famiglia. Di solito la madre viveva con i bambini in una grande tenda, nelle vicinanze erano custoditi le femmine degli animali ed i loro cuccioli. Il padre con i figli più grandi viveva in una tenda più piccola a pochi giorni a piedi dalla tenda principale con gli animali maschi e le femmine senza cuccioli. Solo 2 o 3 maschi erano, e sono ancora oggi, utilizzati per la riproduzione. Le femmine allattano i cuccioli per 3 mesi, poi i piccoli sono dati ad un vicino di casa e i suoi sono presi in cambio, dato che le femmine allattano solo i propri cuccioli. Quando le femmine sono senza i loro cuccioli sono ancora munte per 3 o 4 mesi per fare lo yogurt, il burro ed il formaggio. Dato che le nascite vanno dalla primavera all’estate gli allevatori hanno latte per la loro alimentazione e per produrre un surplus da vendere, per la maggior parte dei mesi dell’anno. Durante l’inverno i cuccioli ormai cresciuti sono scambiati di nuovo, tornando al loro vero proprietario.

Quando l’esercito cinese ha raggiunto il villaggio c’è stato un interrogatorio pubblico del capo, Nawang Dhondup, e anche i poveri del villaggio e gli aiutanti vennero interrogati per sapere come erano trattati dalla famiglia benestante. Nessuno di loro ha denunciato i membri della mia famiglia.

Nel 1961, durante la primavera una settimana dopo la nascita del terzo figlio, Rabgyal Tsultrim, la famiglia ha iniziato la fuga verso l’India. Molte famiglie viaggiavano insieme, quelle dei fratelli e delle sorelle di mio nonno, i genitori di mia nonna, tutti i 6 fratelli e le sorelle della nonna. C’erano anche le famiglie di alcuni vicini di casa e con i miei nonni hanno viaggiato due delle aiutanti. Il gruppo era composto quindi da molte persone e tantissimi animali.

Sapevano dove andare e non hanno avuto bisogno di guide perché erano già stati più volte in Ladakh per vendere la lana. Il viaggio è durato quasi un mese. All’inizio viaggiavano di giorno, poi di notte al chiaro di luna, quando erano nei pressi del confine. Mia nonna portava il neonato in braccio, non legato sulla schiena, perché era troppo fragile, mentre i due bambini più grandi – 10 e 4 anni – viaggiavano in sacchetti sulla groppa dei cavalli. Una volta mia nonna ha dovuto svegliare le due aiutanti che si erano addormentate per la stanchezza, altrimenti avrebbero perso il contatto con il gruppo. Vicino al confine le persone hanno legato il muso ai cani per evitare che abbaiassero.

Tutto il gruppo ha raggiunto il confine presso il villaggio indiano di Kashung, hanno perso solo 20 o 30 animali, alcuni sono morti perché erano vecchi, altri annegati attraversando i fiumi. Per fortuna la gente aveva ancora con sé tutti i propri averi: tende, utensili, gioielli, denaro e le balle di tsampa e di tè avanzate.

Da Kashung raggiunsero Kung e si stabilirono nei pressi di Tso Moriri, ma non c’era abbastanza erba per gli animali, quindi dopo 2 mesi hanno attraversato nuovamente il confine e sono tornati in Tibet dove hanno dovuto acquistare il foraggio per gli animali. Dopo qualche tempo sono tornati in Ladakh e si sono stabiliti a Khamdar.

Il governo indiano ha dato ai miei nonni un po’ di terreno a Sumdho per costruire una casa e alcuni campi vicino al fiume. I membri della famiglia di 18 anni o di età superiore hanno avuto il Registration Certificate for Tibetans.

 

il figlio neonato nella fuga

una figlia nata in India Home mother a Sumdho

La bomboniera di Laura e Nicola, 8 maggio 2014

L’amore genera amore.

Clicca sulla foto per vedere la bomboniera scelta da Laura e Nicola per il loro matrimonio. Tantissimi Auguri agli sposi dai volontari di Italian Amala e un abbraccio affettuoso e felice da Pema!

Laura e Nicola con  Pema

 

Mutup, lettera da Leh – aprile 2014

Cara mamma (così Mutup si rivolge teneramente alla sua sponsor),

grazie per l’affettuosa lettera che ho ricevuto alcuni giorni fa mentre ero a Gopalpur, subito dopo sono tornato in Ladakh ed ora sono a Leh. Ho terminato la classe 12° e sto aspettando i risultati. Spero che possano soddisfare le mie speranze perché desidererei iscrivermi ad una buona università, mi piacerebbero Storia o Scienze Politiche. Mi interessa molto la storia indiana e spero che i miei voti siano abbastanza buoni per poter scegliere storia come materia principale.

Comunque adesso ho una lunga vacanza di circa due mesi, ci vuole un po’ per avere i risultati e poi andrò a Delhi per entrare al college. Spero che tu possa venirmi a trovare se hai tempo libero.

Oggi sono andato al TCV ed ho incontrato Thupten Norzin, o Anila. Mi ha detto che c’è del denaro sul mio conto personale, è quello che tu mi mandavi per le mie spesette personali, ci sono 2120 rupie! Mi saranno molto utili quando entrerò al college.

Adesso andrò a casa per salutare mio zio che ha grandi speranze per me. È lo zio che in Zanskar si è preso cura di me quando sono rimasto orfano, mandandomi a scuola e pagando la retta, aveva un piccolo salario ma un grande cuore-

Ora i miei giorni a Gopalpur sono finiti e sono stato proprio bene là. Il nuovo ambiente ha infatti modificato la mia visione della società circostante. Sono diventato più fiducioso rispetto ad ogni aspetto della vita e questo è il risultato dell’opportunità che ho avuto di uscire dal mio (piccolo) mondo. Tu sei la persona che ha reso possibile ciò, grazie per essere sempre al mio fianco.

Ti invio, per lettera, il mio immenso affetto. Un abbraccio anche alla nonna.

Il tuo affezionato figlio Mutup

Emma Calore, il nostro Losar a Choglamsar – marzo 2014

Abbiamo deciso di fare le vacanze in marzo con Cheme dato che, andando in classe 11esima, per lei la scuola quest’anno inizia in aprile.

Il 2 marzo è Losar cioè il capodanno tibetano, e quindi, perché non partire qualche giorno prima e condividerlo con la sua famiglia e chi è presente al TCV di Choglamsar, dove le lezioni iniziano il 10/3 alla fine dei giorni di festa.

Arriviamo a Leh il 28/2 e dopo le consuete ore di relax per assuefarsi all’alta quota, cominciamo subito con i festeggiamenti alle 6 di sera. Siamo invitati a partecipare alla cena che si tiene nel salone del Villaggio. Quando arriviamo c’è già parecchia gente accoccolata in lunghe file che vanno dal palcoscenico fino in fondo alla sala. Ci hanno riservato il posto d’onore di fronte al monaco, al Principal e al Direttore, con anche dei tavolinetti su cui appoggiare tazze e scodelle. La Thupten è accanto a noi. I pochi bambini presenti sono verso il fondo, dopo le home mothers. Anila ci spiega che le strade sono state molto migliorate e quindi quasi tutti i bambini sono riusciti ad andare a casa quest’inverno.

Festeggiare, come da noi, significa mangiare insieme cose buone e quindi le home mothers iniziano subito a servire il loro the poi il piatto forte, un’ottima scodella di una zuppa fatta con quadrotti di pasta casereccia e pezzi di carne. Seguono altre due scodelle di “porridge”, come le chiama la Thupten, la prima è di orzo bollito in un ottimo brodo e la seconda di orzo cotto nella loro birra, il chang, veramente squisita quest’ultima portata, ma la stanchezza, la quota e le due precedenti scodelle colme mi impediscono di arrivare in fondo. Poi girano i vassoi con delle palline croccanti di pasta di pane. È quello che tutti aspettano con ansia, dentro ogni pallina c’è un foglietto ripiegato su cui è scritta una parola, i bambini sono eccitatissimi e le home mothers leggono i foglietti ai più piccoli. Sia io che Mario abbiamo pescato una parola positiva. Poi girano altri vassoi con dei cilindretti morbidi di un impasto di farina di tsampa e ciascuno prende il suo.

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Tutti zitti ora e con gli occhi puntati sulla porta accanto alla quale c’è un uomo con una ciotola d’acqua in mano, appena la porta si apre ed entra un giovane l’acqua gli viene gettata addosso tra le risa e l’allegria generale. Non ho ben capito che significato avesse questo episodio, ma tutti erano entusiasti.

Poi satolli e felici tutti si sono diretti alle loro case.

La mattina dopo è stata frenetica, ci siamo trovati con Cheme e Thupten nella strada principale di Leh per fare acquisti sia per i vari membri della famiglia di Cheme che avremmo incontrati nel pomeriggio, sia per gli anziani della casa di riposo vicina al Villaggio, sia per i bambini. Ho proposto delle cicche per i bambini, ma Anila mi ha guardato inorridita perché le appiccicano ovunque e talora si svegliano la mattina con la cicca nei capelli e bisogna tagliarglieli, quindi, seguendo le sue direttive abbiamo preso biscotti e tavolette di cioccolato per gli anziani, delle confezioni di gelatina di frutta dagli improbabili rosini e giallini, per i bambini che le hanno gradite molto e anche per loro cioccolato.

Avevo portato una serie dei nostri sacchetti da regalo e nastri per confezionare il tutto all’occidentale, altrimenti avrei avuto bisogno di decine di kata, loro i regali li consegnano infatti avvolti in una delle loro sciarpe bianche.

Nella casa di riposo, un grande cortile con la pompa dell’acqua e diverse costruzioni bianche intorno, vivono una quarantina di anziani, tutti quelli in grado di camminare sono venuti dal locale di soggiorno verso il tavolo in cortile su cui, con l’aiuto di Cheme, avevamo preparato i loro sacchetti. Nel frattempo vari addetti hanno continuato a riempire d’acqua recipienti di plastica per poi trasportarli alle varie case. La pompa era tutta imbaccuccata in una trapunta per evitare che gelasse.

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Salutati gli anziani siamo andati al Villaggio per il pranzo offertoci dalla Thupten e consumato nella stanza della home mother a cui lo aveva commissionato. Una cuoca sopraffina, ma come al solito non siamo riusciti a fare onore all’enorme quantità di cibo preparato.

Poi confezionamento dei sacchetti per i bambini e ragazzi presenti al Villaggio e, man mano che si presentavano, Cheme mi ha aiutato a distribuirli.

Subito dopo siamo andati a casa della ragazzina di 12 anni, sostenuta da un socio di Italia Amala, che era stata da poco operata a Delhi per un grave problema renale, grazie ai fondi messi a disposizione da Italian Amala. Anche qui siamo stati accolti con infinita cordialità e gentilezza e, per la prima volta siamo entrati in una casa. Sonam, la ragazzina, si era ripresa dall’intervento e per fortuna mi ha dato l’impressione di stare bene. I genitori, Anila interprete, si sono profusi in ringraziamenti per Italian Amala.

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La casa tipo, (anche quella dei parenti di Cheme era uguale) ha una pianta rettangolare ed è posta all’interno di un muro che circonda un più o meno piccolo cortile. Circa al centro del lato lungo della casa c’è la porta d’ingresso e si entra in una specie di corridoio cieco che funge da cucina: uno scaffale lungo il muro fa da contenitore per le stoviglie e da piano di lavoro, in fondo di fronte alla porta c’è il fornello con la bombola e un acquaio alimentato da taniche, il cui scarico finisce in un secchio. Subito a destra e a sinistra della porta d’ingresso ci sono due porte che immettono nelle due stanze, circa quadrate. Non ci sono arredi, tappeti e trapunte per terra e nella stanza dove la famiglia vive, al centro, c’è la stufa col tubo di scarico che esce direttamente dalla copertura piana, uno o più tavolini bassi e un mobiletto con sopra la TV. Nell’altra stanza non c’è riscaldamento e in un angolo c’è un altarino con immagini di qualche loro divinità, una foto del Dalai Lama e qualche ciotola d’acqua, null’altro a parte i tappeti per terra.

A questo punto eravamo già parecchio stanchi ma mancava ancora l’incontro a cui tenevamo di più, quello con la famiglia di Cheme. Siamo stati accolti in maniera commovente, eravamo tutti emozionati, siamo stati fatti accomodare nella stanza della stufa, tutti in giro in giro lungo le pareti e sono immediatamente iniziate le offerte di cibo: porridge d’orzo, frutta secca e the. Poi, ben avvolto nella kata il loro regalo per noi: un abito tradizionale, maschile e femminile, completi di tutte le loro parti e un coloratissimo cappello a cilindro tibetano. Il regalo deve arrivare prima di Losar per avere abiti nuovi da indossare, così come si sostituiscono ovunque le bandierine di preghiera.

Noi , poco accorti, non avevamo tutti i regali per loro, pronti e confezionati e quindi abbiamo deciso che li avremmo consegnati, trasgredendo all’etichetta locale, il giorno dopo Losar quando li abbiamo invitati tutti, compresi Principal e Direttore in un ristorante di Leh.

Thupten ci ha avvisati che il giorno successivo, Losar, sarebbe venuta a prenderci in albergo alle 4.30 del mattino perché la cerimonia inizia alle 5. Sono arrivati puntualissimi in camera, lei e l’autista per aiutarci ad indossare gli abiti tradizionali, ci sentivamo un po’ imbarazzati, ma per tutto il giorno abbiamo sfoggiato il costume ed il cappello tibetano. Le ali del mio battevano sul colletto della giacca a vento che me lo spingeva sugli occhi e quindi ho lottato tutto il giorno per vederci, quando ero all’aperto.

Appena giunti nel salone del TCV sono iniziate le preghiere, la deposizione di kata davanti al ritratto del Dalai Lama, una vera processione, e sul tavolinetto davanti al Principal e Direttore. Nel frattempo le home mothers giravano con i bricchi del the e cibo. Finita questa prima cerimonia i bambini e i ragazzi hanno suonato i loro vari strumenti e cantato alcune canzoni, erano tutti molto impegnati e compresi della loro arte musicale. Per concludere c’è stata una rappresentazione teatrale. Gli attori erano due, uno con un costume che faceva pensare ad un pastore e che aveva la parte principale e l’altro che gli lanciava delle battute. L’intera rappresentazione è stata per noi un po’ oscura, ma il pubblico rideva e si divertiva, alla fine della storia ci è parso di capire che il pastore fosse completamente ubriaco il che suscitava il massimo spasso.

Alle 7 del mattino, per tirare l’ora di andare a casa di Cheme, l’infaticabile Anila ci ha portato alla residenza del Dalai Lama. La stanno ingrandendo e migliorando in vista del Kalachakra che si terrà tra il 3 ed il 10/7. Cheme mi ha detto che l’esercito costruirà una grande tendopoli nei terreni circostanti per ospitare i tibetani che accorreranno da ogni parte dell’India per non perdersi questa iniziazione concessa dal Dalai Lama. In vista di questo le vacanze estive del TCV quest’anno non saranno i primi 10 giorni di giugno, ma all’inizio di luglio.

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Nel giardino del Dalai Lama c’è una grande serra, simile a quella che Italian Amala ha fatto costruire al Villaggio. Sono rimasta esterrefatta a vedere che, scostando le pesanti trapunte che coprivano le vetrate che guardano a sud, all’interno nonostante il freddo pungente, si vedessero degli ottimi ortaggi. Anila ha confermato che anche la loro continua a produrre anche in inverno.

Noi cominciavamo già a barcollare per la stanchezza, ma abbiamo raggiunto la famiglia di Cheme che ci aveva imbandito un rinfresco regale. Davanti a tutti è comparso un piatto ricolmo di strisce di pane fritto (delle specie di lunghe chiacchiere più spesse) una grossa palla di chese cake (semola impastata con il loro formaggio disidratato in polvere, zucchero e burro) a me è piaciuto anche se sazia molto. Nel rispetto della tradizione nomade sopra a ogni piatto c’era una mezza testa di pecora (tagliata per il lungo) bollita con il pelo e tutto. Ci hanno chiesto se volevamo assaggiarla, come dire di no? Mentre ce lo chiedevano lo zio di Cheme aveva in mano una mezza testa e continuava a toccare il pelo, al che io un po’ preoccupata ho chiesto se mangiavano anche quello. Sono scoppiati a ridere come matti, dicendomi di no e lo zio si è offerto di pulirci la nostra mezza testa e mi ha allungato pezzetti di muscolo che staccava via via. Non è stato neanche troppo difficile ingoiarli. Loro invece se la spassavano e ripulivano alla perfezione la loro porzione.

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Giunto mezzogiorno, dopo aver fatti ormai due pasti, ci siamo recati con Anila al pranzo ufficiale di Losar per il quale avevamo ricevuto tanto di invito stampato. Hanno recentemente costruita fuori dal Villaggio una grande sala polivalente che veniva inaugurata con quel pranzo. All’interno palcoscenico sul fondo e una distesa di tavoli. Purtroppo solo una metà è stata occupata, le prime file erano riservate alle autorità civili e militari. Le povere home mothers erano addette al servizio ai tavoli e tra una portata e l’altra ci sono state canzoni e musica. Al termine abbiamo visto ricomparire i due attori che hanno nuovamente recitato la scenetta delle 6 del mattino al TCV. Appena le autorità se ne sono andate Thupten ha avuto pietà di noi e ci ha condotto al Villaggio dove era prevista una cena offerta dal Principal. Ci ha lasciati in una stanza della casa per gli ospiti a riposare, dicendo che faceva anticipare la cena alle 18 perché potessimo rientrare in albergo presto.

Verso le 17 è tornata Anila con il Principal che mi ha fatto un’ottima impressione e finalmente sono riuscita a farmi spiegare da lui come si leggono le loro pagelle con i vari FA1, FA2, SA1 ecc. e le diverse percentuali che concorrono a formare il voto finale.

Alle 6 il cuoco ci ha chiamati al buffet, un’altra marea di piatti ottimi e vari di verdure e pollo, ma ormai eravamo al di là del bene e del male e abbiamo sicuramente fatto poco onore alla sua fatica.

La mattina dopo eravamo liberi, il tempo era bello e ci è piaciuto scendere a piedi dall’albergo che era in collina un po’ fuori di Leh, fino in città. Camminando per viottoli e stradelle ho notato per terra lungo i muri esterni dei cortili degli strani oggetti costruiti con due bastoncini messi a croce che fanno da supporto a una specie di ragnatela di forma romboidale fatta da un filo colorato (di un solo colore o di vari colori digradanti uno nell’altro). Naturalmente non ho resistito alla tentazione di raccoglierne alcuni.

Una volta giunti al ristorante, accolta e sistemata a tavola la numerosa tribù composta dalla famiglia di Cheme più Anila, Principal e Direttore, ho estratto dalla borsa il più colorato e grande degli oggetti raccolti per domandare cosa fosse. Momento di silenzio imbarazzato poi Anila ha chiesto al Principal di spiegarmi in che modo quelle cose fossero “male”. È risultato che le famiglie compiono dei riti di superstizione in cui confezionano quegli aggeggi che prendono su di sé il male, liberando così la casa, e poi vengono gettati fuori della proprietà portando con sé la negatività. Mi sono affrettata ad assicurare che su di me non avrebbero certo avuto alcun effetto, ho riposto in borsa il mio bottino e ho portato la borsa il più lontano possibile dal tavolo per non creare imbarazzo a nessuno.

In effetti il pranzo è andato benissimo ed anche la nostra vacanza indiana con Cheme. Quindi era vero che il “male tibetano” non nuoce a noi occidentali!

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Jamyang Dolma – gennaio 2014

Il mio nome è Jamyang Dolma e sono dei Pesci. Nel tempo libero mi piace leggere più che posso forse perché sono timida e introversa e mi sento spaesata in un gruppo.

La mia storia è come quella di chiunque, con luci e ombre.

Sono nata nel villaggio di Hunsur, vicino a Mysore (stato del Karnataka, India del sud). Sono la secondogenita, oltre alla mia sorella maggiore in famiglia ci sono 4 sorelle minori. Quando avevo 2 anni i miei genitori decisero di trasferirsi in Kashmir, nello stato settentrionale del Jammu & Kashmir per commerciare in vestiario. Ho cominciato là la scuola e ci sono andata fino a 7 anni quando mio padre ha deciso di mandare noi due sorelle maggiori nella scuola di Dalhousie in Himachal Pradesh gestita dal Central Tibetan School. Ero molto eccitata alla prospettiva quando l’ho saputo, ma poi ho pianto tutte le mie lacrime quando ho capito che saremmo state là lontane dalla famiglia. Mio padre ci ha accompagnate ed iscritte, poi è tornato a casa. Ero disperata, era la prima volta che stavo senza mamma e papà.

Sono stata ammessa in prima perché non scrivevo il tibetano abbastanza bene per entrare in seconda, così avevo un anno in più dei miei compagni. Ho proseguito in questa scuola fino alla quarta classe, ma quando ero in seconda la situazione della mia famiglia è precipitata, la mamma si è ammalata e ha continuato a peggiorare, anche se lei è una delle persone più ottimiste che abbia mai incontrato. È stato un momento tristissimo. Mio padre si è occupato di lei e delle 4 sorelle piccole, per lui deve essere stato pesantissimo, ma non si è mai arrabbiato o lamentato, e non ci ha mai fatto sentire sole o tristi. Io però ero arrabbiata con dio che faceva soffrire i miei genitori.

Quando ero in quarta mia zia ha suggerito a mio padre di raggiungerla in Ladakh e di stabilirsi là. Lui lo ha fatto dato che la situazione in casa era molto pesante, così nel 2000 siamo andati in Ladakh. Ci sono arrivata in aereo perché le strade erano ancora chiuse per la neve, ero molto eccitata all’idea di volare ma anche impaurita di farlo da sola con mia sorella Pempa e di arrivare in un posto assolutamente sconosciuto. Siamo state per 3 mesi a casa della zia fino a quando è arrivato il resto della famiglia alla riapertura delle strade.

La mia prima esperienza nella scuola del TCV in Ladakh non è stata molto felice, eravamo le uniche nuove in classe e gli altri bambini non ci sembravano molto amichevoli, mi sono lamentata di questo con la maestra e ho pianto tanto in quel primo anno. L’anno successivo le cose sono andate meglio, il Ladakh si è rivelato una terra fortunata, primo perché la mamma è guarita e la felicità sembrava un’emozione tangibile in famiglia. In quel periodo ho capito che volevo diventare un dottore per curare le persone molto povere e malate. Volevo dare gioia alle persone la cui vita era difficile come la nostra. Volevo poter trasformare la realtà in speranza e la tristezza in gioia, questo era il mio sogno quando avevo 13 anni.

Dopo due anni al TCV del Ladakh sono passata tra gli studenti “grandi” ed è stata una grandissima gioia, avevo tanti amici ed ero con mia sorella che è sempre stata la mia migliore amica. Quando ero in classe settima ho incontrato per la prima volta Nadia, Isabella ed Angela e questa è stata la seconda fortuna. Isabella è diventata la madre adottiva a distanza di Pempa, Nadia è diventata la mia e successivamente lo è stata Raffaella.

Nello stesso periodo mio padre ha aperto un piccolo ristorante a Leh con l’aiuto della zia e le cose andavano abbastanza bene, lui faceva il cuoco e mia madre serviva i clienti, così le entrate erano tutte loro ed ero felice che i miei genitore per una volta avessero un po’ di benessere, ma è durato poco. Quando ero in classe ottava mio padre ha avuto un incidente nel trasferimento da casa al lavoro, è stato in ospedale per alcune settimane ed il ristorante è rimasto chiuso. Quando la mamma mi ha detto dell’incidente il mio cuore si è fermato, era una notizia che non avrei mai voluto ascoltare. Fortunatamente le contusioni alle costole e alla spalla sono migliorate, ma i miei genitori non hanno più potuto gestire il ristorante che è stato venduto. Nel 2006 la famiglia si è trasferita nuovamente ad Hunsur dove abbiamo una casa ed un piccolo podere. Mia sorella ed io siamo rimaste in Ladakh per completare gli studi, all’epoca io ero in classe nona e Pempa nella decima. Sono stati anni tristi, soprattutto durante le vacanze quando solo pochi studenti restano a scuola e noi due eravamo del gruppo. È orribile essere poveri.

Al TCV ci davano una mancetta di 25 rupie (0.30/0.40 Euro) alla settimana che ci rendeva molto contente, per lo meno non  avevamo le tasche vuote. Le nostre mamme a distanza ci mandavano del denaro in regalo che ci era molto utile. Sono loro estremamente grata per essere state così gentili e piene di attenzioni, hanno reso la nostra vita un po’ più allegra.

Dopo la classe decima sono andata nella scuola di Upper Dharamsala per completare i miei studi, dato che il TCV del Ladakh ha solo fino alla decima. Mi sono trovata molto bene là, gli studenti sono più schietti, amichevoli e collaborativi che in Ladakh. Quando ero in classe undicesima Pempa ed io siamo andate a Delhi per incontrare Nadia ed Isabella (ndr  sono Socie Italian Amala Onlus che l’hanno sostenuta) . È stato meraviglioso incontrarle dopo 5 anni e nelle stesse vacanze sono tornata a casa dai miei genitori dopo 3 anni che non li vedevo. Sono stata felice ma al contempo triste nel vedere la loro situazione e determinata a diventare indipendente ed autosufficiente economicamente.

Ho completato le superiori nel 2009 e ho tentato il test di ammissione alla facoltà di medicina, ma non l’ho superato. L’anno successivo ho seguito un costoso corso di preparazione per essere ammessa al College infermieristico St Stephen di Delhi.  Italian Amala Onlus con la borsa di studio” in Memoria di Daniele Chiappa”  ha pagato la retta dato che i miei genitori non potevano permetterselo.

Nel 2010 ho superato il test e sono stata ammessa, c’era un’altra studentessa tibetana e ciò ha reso la mia vita là più facile dato che era la prima volta che mi trovavo in una comunità indiana. Io pensavo che gli insegnanti fossero meno severi che a scuola, mentre lo erano molto di più. Dopo circa un mese dall’inizio del corso ci hanno fatto degli esami medici ed è risultato che ho l’epatite B, quindi non ho potuto proseguire questi studi. Mi sono sentita profondamente delusa e frustrata: volevo fare il medico e non ho superato il test, l’infermiera e non andavo bene dal punto di vista sanitario. Inoltre lo stesso anno i miei genitori erano completamente a terra perché hanno avuto un cattivo raccolto e incassato un prezzo basso, mentre io avevo sprecato due anni ed il denaro e l’aiuto di Italian Amala Onlus senza raggiungere nulla. Mi vergogno di me stessa per non riuscire a realizzare ciò che desidero.

Talvolta vorrei che ci fosse un dio a cui chiedere “perché le cose brutte e tristi accadono ai poveri?”, quando la vita sembra dare qualche speranza c’è sempre qualcosa che va storto. Mi spiace sembrare pessimista, ma non mi pare proprio giusto che si continuino a susseguire momenti no per i miei genitori.

Nel 2011 mi sono iscritta all’università di Delhi, facoltà di biologia e zoologia. Grazie a Nadia e a Italian Amala Onlus -che ha confermato la borsa di studio “in memoria di Daniele Chiappa” -sono stati coperti i costi dei tre anni di studio. Mi laureerò quest’anno in giugno. Sono la studentessa più anziana del corso e mi sento proprio a disagio tra studenti più giovani. I miei compagni della classe dodicesima stanno concludendo il Master e pensando a loro piango e sono piena di rimpianti. Non era questo che volevo, non dico che rimpiango di aver fatto zoologia, ma ho sprecato un anno e l’aiuto ricevuto, ci sono migliaia di studenti come me che hanno bisogno di aiuto, io l’ho avuto ma non ho raggiunto lo scopo. Mi sento di dire “mi spiace” a chi mi ha aiutato e si è preso cura di me. Ma se non avessi avuto questo aiuto adesso starei vendendo abiti lungo una strada, sarei sposata e sarei la persona più triste della terra. Voglio quindi ringraziare chi ha fatto tanto per me, questo ha creato una grande, enorme differenza nella mia vita.

Zoologia è per me interessante e ho seguito con gioia soprattutto i corsi pratici. È incredibile studiare cose piccole come il DNA, i mitocondri, le cellule del sangue che giocano un ruolo essenziale nella vita dei singoli individui e nell’evoluzione delle specie. Mi piacerebbe diventare un docente universitario e per far ciò dovrei proseguire fino al dottorato, ma data la mia situazione non andrò oltre il Master e poi insegnerò biologia in una scuola tibetana.

In futuro mi ripropongo di creare, all’interno della società tibetana, un’organizzazione che aiuti gli studenti a realizzare i loro sogni, simile a quella che ha aiutato me.

Desidero ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato, avete reso la nostra vita un po’ più facile. So che ci sono milioni di persone come me che hanno bisogno di una mano, ma voi avete scelto noi e ve ne sarò sempre grata anche perché ciò ha reso più facile la vita della mia famiglia, mi ha dato fiducia e la voglia di continuare a migliorare. Grazie.

 

Tsering Tsomo – gennaio 2014

Sono Tsering Tsomo, sono nata in Tibet e cresciuta con la nonna. Nel 1995 sono stata mandata in India con altri familiari in modo da ricevere una buona educazione. Ero la più giovane del gruppo e non ricordo quasi nulla del viaggio.

Arrivata in India ho frequentato la scuola del TCV di Suja (non molto distante da Dharamsala) dove sono rimasta fino alla classe decima. Poi sono stata trasferita alla vicina scuola di Gopalpur per completare la scuola superiore.

Mi sono laureata in inglese/comunicazione al College femminile di Etiraj di Chennai (stato del Tamil Nadu) ed attualmente sto seguendo un corso post laurea al College Stella Maris, nella stessa città.

Vi ringrazio molto,  il vostro aiuto (2a borsa di studio in memoria Daniele Chiappa) è stato indispensabile perché raggiungessi la laurea, se non ci fosse stato non sarei dove ora sono.

Sto dunque specializzandomi in relazioni internazionali, con la speranza di diventare una valida insegnante.

Per ringraziarvi del vostro generoso aiuto lavorerò sodo e cercherò di rendermi utile agli altri come mi sarà possibile, in modo che non dobbiate rimpiangere ciò che avete fatto per me.

Con i migliori auguri di ogni bene, pace, amore e felicità, un caro saluto

Tserin Tsomo

 

Sonam Dorjee – gennaio 2014

Cari Soci Italian Amala Onlus,

sono Sonam Dorjee, sono nato nel 1989 nel piccolo villaggio di Hanley in Ladakh. I miei genitori erano pastori nomadi. Anche se ero figlio di nomadi ho avuto la possibilità di andare a scuola nei Villaggi SOS TCV del Ladak. Ho frequentato fino alla quinta elementare nella scuola periferica di Hanley poi, dal 2001 al 2006, ho proseguito nella sede centrale di Choglamsar dove ho studiato fino alla classe decima.

Sonam Dorjee picture Dato che ero bravo ed interessato a matematica e fisica, ho scelto l’indirizzo Scienze e mi sono trasferito alla scuola del TCV di Dharamsala dove nel 2008 ho completato la classe 12.

Con la consulenza del Dipartimento di Educazione dell’Amministrazione Centrale Tibetana ho fatto il test d’ammissione ad Ingegneria e l’ho superato assicurandomi uno dei posti riservati agli studenti tibetani presso il Dipartimento di ingegneria elettrica dell’ottima Università Maharaja Sarvajirao di Baroda (città conosciuta anche come Vadodara nello stato del Gujarat). Il costo dei miei studi universitari è stato sostenuto da una borsa di studio di Italian Amala (borsa di studio Modulo Zeta).

Ho completato i 4 anni di corso e mi sono laureato in Ingegneria elettrica nel 2012. Sono molto grato ad Italian Amala per il grande aiuto e vi ringrazio moltissimo.

L’anno scorso (2013) sono ritornato nel mio villaggio per stare con i miei genitori e familiari ed aiutarli. È stato un periodo di relax dopo l’impegno degli anni universitari. In questi giorni mi sto preparando per l’ammissione al master in Ingegneria. Per essere ammesso al master devo superare l’esame nazionale indiano GATE (Esame delle conoscenze dei laureati in ingegneria) che è piuttosto impegnativo.

Penso di aver bisogno di un corso di alto livello per imparare le metodologie per risolvere problemi logico/matematici. Le materie da affrontare sono: Ingegneria elettrica di base; Macchine elettriche; Generazione, trasmissione e distribuzione dell’elettricità; Matematica; Logica; Capacità di ragionamento, Inglese.

Questo è il mio progetto, per il momento e il vostro aiuto sarebbe estremamente gradito ed utile per me.

Cari saluti dal vostro figlioccio, Sonam Dorjie

 

 

 

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