Acqua, una kata per il nostro impegno

ecco la prima acqua

Solo chi ha avuto occasione di frequentare il mondo delle popolazioni buddiste conosce il rito della “kata”. Agli ospiti nel momento della loro accoglienza – ma a volte anche  quando si accomiatano –  si offre una sciarpa di colore chiaro, quasi sempre bianca, di seta o di cotone: è la kata,  simbolo di rispetto beneaugurante diffuso dal Ladakh al Nepal e naturalmente in Tibet.
Oltre che alle persone i buddisti spesso offrono le loro Kata alle divinità o ai loro profeti spirituali  intrecciandole al collo delle statue che li rappresentano.
Chi si fosse trovato a Choglamsar nell’ottobre 2012 sarebbe rimasto veramente sorpreso nel vedere un rubinetto, collegato ad un tubo volante, intorno a cui era avvolta una Kata! e probabilmente si sarebbe chiesto se era in presenza di un simulacro di una nuova divinità, non potendo comprendere altrimenti il significato compiuto ore prima dal direttore del villaggio dei bambini tibetani.
Credo che il gesto compiuto dai dirigenti del TCV di Choglamsar sia per tutti i soci di Italian Amala un fatto di grande soddisfazione: è come se quella kata fosse stata avvolta al collo di ciascuno di noi!
L’acqua sgorgava pulita, potabile, da quel rubinetto perché centinaia di persone qui in Italia si erano adoperate per raccogliere i fondi necessari alla costruzione di un vero e proprio acquedotto all’interno del TCV di Choglamsar, per garantire a tutti i 1.500 bambini li ospitati un’ acqua incontaminata sufficiente a tutti i bisogni, da quello alimentare a quelli igienici.
L’impegno dei nostri soci viene da lontano, da quando Daniele Chiappa tornò in Italia dopo una visita in Ladakh con i primi dati sulla inefficienza del sistema idrico del villaggio.
Da allora sono passati diversi anni che abbiamo impiegato per capire esattamente il problema che si doveva risolvere e per acquisire tutti i dati necessari alla individuazione di un progetto adeguato.
In particolare l’amico Sauro Turroni, con l’aiuto di enti pubblici e privati e soprattutto dello studio di ingegneria di Nicolò Saraca, ha speso tanto tempo tra l’Italia e il Ladakh per raccogliere tutte le informazioni del caso e poter fare elaborare una ipotesi di progetto di massima, appunto effettuato dallo studio Saraca, che potesse essere da guida al lavoro successivo.
Nel frattempo i nostri soci impiegavano il loro tempo  per raccogliere fondi perché  Italian Amala avesse le risorse necessarie per eseguire il progetto.  Ci piace ricordare i  due principali sponsor che complessivamente hanno versato quasi 60.000 euro:  il Cobat e la onlus SaverioCrea.
E finalmente oggi una kata avvolta ad un rubinetto simboleggia il successo degli sforzi fatti da tutti noi.
Da quando il sottoscritto con l’ing Nicola Nabacino nell’aprile 2012 si è recato al villaggio per discutere con i loro dirigenti sulla fattibilità dell’iniziativa molto è stato fatto ma certo il lavoro non è ancora terminato.
Il successo conseguito ad oggi non deve farci dimenticare che ancora molto rimane da fare.
Al villaggio sono stati inviati nel corso del 2012,  133.700 euro per sostenere le spese dei lavori del progetto acqua, e il nostro socio Nicola Nabacino, ingegnere idraulico di Mantova, ci ha donato larga parte del suo tempo e della sua professionalità seguendo i lavori durante i tre viaggi da lui effettuati quest’anno in Ladakh per un totale di oltre 30 giorni e continuando a monitorare dall’Italia quanto si faceva al villaggio.
Lavorare in Ladakh non è nulla di simile all’analogo impegno in Italia: dal terreno che si oppone allo scavo con grandi massi rocciosi, alle dogane che rallentano ogni spedizione e la rendono soprattutto più costosa, all’impreparazione delle maestranze locali.
Nonostante queste ed altre difficoltà che qui è inutile ricordare si sono  realizzati due grandi serbatoi, a cui mancano solo poche rifiniture, sono stati scavati oltre 4000 metri per posare poi i tubi comperati a Delhi, si è allacciata alla tubazione principale la prima casa – quella del direttore – per monitorare che l’impianto  non geli durante l’inverno. Infatti prima di completare l’opera iniziata si devono testare i lavori già realizzati durante i mesi  del grande freddo himalayano, poi la prossima primavera-estate,  con il secondo lotto dei lavori, si potranno collegare alla nuova rete idrica tutti i fabbricati esistenti, oltre quaranta. In termini economici vuol dire che l’anno prossimo – dopo la pausa invernale –  per le realizzazioni finali dovremo spendere ancora almeno centomila euro.
Ma mentre in Ladakh vi sarà la quiete invernale spero che qui in Italia vi sia tutto un fervore di iniziative per raccogliere i fondi necessari al completamento dell’opera: la kata che ci è stata idealmente donata merita tutti i nostri sforzi possibili.
Giancarlo Morandi Presidente Italian Amala Onlus

condividi per far conoscere...Share on Facebook
Facebook
Tweet about this on Twitter
Twitter
Share on LinkedIn
Linkedin

Comments are closed.